LE ORIGINI

Nella sede dei Bianchi, soggetti come gli altri alle disposizioni restrittive del granduca Pietro Leopoldo, poté subentrare nel 1792, a colmare il vuoto che nel servizio agli infermi si era creato, la Confraternita di Misericordia.

Nell’anno 1971, infatti, era stata avanzata alla Segreteria del Regio Diritto di Firenze la richiesta di poter tornare a garantire in San Gimignano l’assistenza organizzata ai malati e ai morti.

In questa richiesta erano annotati gli scopi che la nuova Confraternita si proponeva e i modi di attuazione degli stessi. Perciò una Commissione provvide alla stesura dei primi Statuti, articolati in 13 capitoli, nei quali si prevedevano tutti i servizi e si stabilivano gli obblighi delle varie componenti dell’associazione di carità (Correttore, Magistrato dei Dodici, Governatore, Cancelliere, infermieri, giornanti, Capo di Guardia, Sagrestano, servo) e il volontariato degli stracciafogli.

Fra le postille comprese nel XIV Capitolo, quella sottoscritta il 22 agosto 1792 da Niccolò Sciarelli, per grazia di Dio e della Santa Sede Apostolica vescovo di Colle vidimata dal suo segretario, l’Arcidiacono Orazio Pettini, ricorda che sarà premura costante di tutti i Fratelli e specialmente dei Superiori che i suddetti Capitoli siano esattamente e inviolabilmente osservati in qualunque minima parte… Si sottolinea ancora che, avendo letto i sopra descritti capitoli e avendoli trovati corrispondenti al servizio e al culto di Dio e al buon ordine della Compagnia sotto il nome di Misericordia, il vescovo conferma, salva l’approvazione governativa, quanto in questi viene prescritto e ordinato, riservando a ogni Fratello l’obbligo di osservarli.

La petizione dunque era stata appoggiata dal vescovo di Colle; il Capitolo dei Canonici aveva espresso parere favorevole l’11 agosto precedente, per cui il Granduca accolse la richiesta e il suo decreto del 1° settembre 1972 autorizzo il funzionamento della nuova Confraternita, persuaso dalla bontà di questa istituzione che per secoli, nella stessa Firenze, aveva dato prova di grande efficienza e carità.

Dalla Segreteria del R.Diritto si concedeva dunque l’erezione di detto Oratorio della Compagnia della Misericordia, con che in detto Oratorio non esista altra Compagnia et in conseguenza approvasi i presenti capitoli, osservate però le leggi et ordini veglianti e con la dichiarazione che, quanto alle adunanze nella settimana santa et in ogni altra solennità dell’anno se ne impetri la licenza dell’Ordinario.

Oltre alla sede nella Chiesa che un tempo era quella dei Bianchi, detta comunemente Pieve, la Confraternita della Misericordia ebbe anche, dal Comune, l’uso della campana del Banco per chiamare a raccolta i Fratelli.

Il suono della campana ha avuto, per secoli, funzioni precise nella comunità. Il popolo ne capiva il linguaggio: i rintocchi chiamavano a raccolta o avvertivano di disgrazie e di calamità naturali; quelli lugubri, persistenti, accompagnavano il funerale di un assistito o di un confratello dall’abitazione o dall’ospedale alla Pieve dove l’estinto veniva associato, prima di essere inumato al Cimitero della stessa Misericordia, dove erano tumulati i consociati e i responsabili del governo della Compagnia, per i quali ultimi, fino al 1843, un Rescritto Sovrano aveva eccezionalmente consentito la sepoltura su un lato del chiostro della Pieve.

Qui nel 1813, i Confratelli avevano collocato tutte le stazioni della Via Crucis da ripercorrere, pregando e cantando, la notte del Venerdì Santo, come lo Statuto imponeva.

Fino al 1497 la Compagnia di Carità vestiva di rosso, a ricordare la fiamma d’amore che ispirava i suoi atti; ma la Confraternita di Misericordia si vestì di nero a ricordare più il dolore e i lutti che i Fratelli erano chiamati, con lo stesso gesto d’amore, a consolare.

E poiché ogni loro atto d’amore e ogni forma di aiuto non devono aspettarsi il grazie degli uomini, il bene che viene fatto resta nell’anonimato e, su questa veste nera, il cappuccio – cioè la buffa – come la celata di un’armatura, scende a nascondere il volto affermando l’eguaglianza del misericordioso, di qualsiasi ceto od età, per il quale, prima di muoversi a soccorrere gli infermi, era obbligo innalzare a Dio con gli altri, questa preghiera:

Donaci Signore, lo spirito di carità, umiltà e fortezza, acciocché riesca di tuo gradimento questa nostra opera. O Signore Gesù Cristo (…) concedici la pienezza della carità, dell’umiltà e della fortezza, affinché eseguendo in questa e in tutte le altre nostre opere la tua volontà, siamo assistiti dal tuo aiuto e difesi da ogni pericolo (…) Amen.